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Turco Tunnel, Turkish Madness, Turco Mania, l’hanno così definita con una serie di appellativi diversi questo fenomeno culturale o corrente contemporanea, già sorta negli ultimi anni ma che ha raggiunto il suo culmine negli ultimi mesi.

Quella della dipendenza da serie turche rappresenta quasi una sindrome premestruale, talmente inconscia e ormonale, che cambia le abitudini e costruisce una routine del tutto diversa a tutti gli esemplari di sesso femminile, più o meno sensibili al Romantic Drama. Una sindrome talmente ormai diffusa che potrebbe diventare un capitolo d’analisi Freudiana, da inserire nell’appendice degli usi e costumi e che ne ha partorito una nuova figura: la Turchina.

Eh sì, perché la Turchina è questa nuova personalità che attualmente sta avendo la meglio su tutti gli archetipi preesistenti, dilagando come la macchia d’olio sulla carta Scottex. Guarda, osserva, commenta, soffre, scova, mette in pratica qualsiasi dettaglio contenuto in queste serie turche che stanno facendo da padrone in tutti i canali audiovisivi, passaparola compresi.

Innanzitutto, ogni Turchina che si rispetti è iscritta a un gruppo di serie turche, dove non solo può accedere a tutte le serie in auge e non, ma apprende e condivide ogni dettaglio del jet set della bella e “fu” Costantinopoli; infatti la sua giornata ha inizio quando contestualmente allo spegnimento della sveglia sul cellulare, passa automaticamente alla consultazione degli ultimi post pubblicati sul gruppo e solo dopo una breve sbirciatina ancora mezza addormentata, inizia la sua giornata.

Tra la colazione per figli e marito, un sorso di caffè e l’orecchio a TG24 in tv, ha l’occhio vigile sui post, like e commenti di tutto quello che si è persa durante le ore notturne; se ha un lavoro d’ufficio ha la linguetta di Chrome aperta su Facebook, se non ha accesso a pc e cellullare, ha rigorosamente attive le notifiche che andrà poi a spulciare una per una non appena ne avrà la possibilità, che sia mai perdersi qualcosa.

Non ha più la preparazione del pranzo e della cena a scandire i suoi ritmi giornalieri, bensì la quantità di post pubblicati sul gruppo. Sono questi che determinano il suo tempo a disposizione: più sono i post, meno è il tempo che resta al nutrimento dei commensali.

Sui social non può esimersi dall’essere parte attiva, siffatti sviluppa nel tempo e relativamente ai suoi interessi turchini una capacità di scovare in rete foto, notizie e dettagli sufficiente ad un’efficace candidatura alla CIA. Per non parlare delle abilità informatiche che acquista nel tempo che tra Veoh, Youtube, elaborazioni ed hackeraggi video vari, risulterebbe un degno membro del KGB. Se WikiLeaks avesse avuto tra le sue fila una Turchina, Julian Assange sarebbe libero.

Nelle sue conversazioni quasi scompaiono temi di politica, del meteo, del lavoro, perché trova il suo interesse interlocutorio solo quando si cita “Turchia” o suoi sinonimi e sostantivi, mentre l’apice d’appagamento sociale e comunicativo lo raggiunge durante le conversazioni su serie turche.

In tutto questo le sue faccende domestiche hanno la peggio: in una mano il Mocio e nell’altra il cellulare, il ferro da stiro che svapa a vuoto perché deve leggere i sottotitoli, il bucato pulito che resta in lavatrice perché non può interrompere la puntata, mobili (e marito!) che lamentano grammi di polvere mentre lei segue l’ultima intervista.

Ed è la sera il momento che predilige. Che attende con ansia e trepidazione dopo che i piatti sono lavati, i figli sono a letto ed il marito è sul divano a guardarsi la tv. È il momento della visione notturna. Quando pigia quel “play” la Turchina entra in una bolla. Non sente e non vede null’altro se non “i suoi protagonisti” che riesce a guardare fino a notte inoltrata armata di auricolari e cellulare per non scatenare una guerra nel talamo coniugale. La sua è un misto tra devozione e dipendenza e poco importa se la mattina dopo si sveglierà con gli occhi crepati come carta velina.

Ma se c’è sempre un “ma”, sebbene la Turchina potrebbe non sembrare il prototipo della casalinga, madre, moglie e compagna perfetta, c’è da darle il credito di una qualità intrinseca e sostanziale: in questo mondo disfatto dall’opportunismo, dal potere del Dio denaro, dall’ipocrisia nei rapporti sociali, dalla pochezza di compassione, la Turchina porta con sé ed in sé il desiderio e la speranza di sentimenti buoni e di valori sani, riflettendo agli altri la propria voglia di un tempo migliore. Perché in fondo, anche se lo ami su un set, sempre di amore si tratta.

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Qui sotto il collage de "La Turkinella in 6 scatti" Vi lovvo

poster turkine.jpg
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